In un’indagine del 2018 realizzata da The Hollywood Reporter sono emerse accuse di abuso di anziani nel mezzo di una lotta di potere per il controllo delle cure di Stan Lee, leggendario fumettista della Marvel Comics, e del suo patrimonio.
Secondo l’inchiesta, l’artista sarebbe stato vittima di abusi compiuti dai suoi soci in affari e dalla figlia J.C. Lee che, in base alle indiscrezioni, si sarebbe scagliata contro di lui se le sue richieste economiche non venivano soddisfatte. Nel 2014, inoltre, la donna avrebbe aggredito fisicamente i genitori quando aveva scoperto che una nuova Jaguar era stata intestata al padre e non a lei. L’articolo sosteneva che J.C. avrebbe afferrato violentemente il braccio della madre e avrebbe sbattuto la testa del padre contro una sedia. I due coniugi non avrebbero coinvolto la polizia perché convinti che la figlia fosse “emotivamente fragile”.
Durante un’intervista con Business Insider, J.C. Lee (figlia del fumettista) ha smentito le accuse dicendo:
Non ho mai alzato un dito contro i miei genitori. Sono tutte menzogne. Non l’ho mai fatto e nessun altro l’ha fatto. Mio padre non ha mai subìto abusi.
La figlia ha poi accusato i dirigenti di POW! Entertainment, società fondata dal fumettista, i quali possiedono i diritti legati al nome, all’immagine e alle opere di Stan Lee:
Hanno preso tutto. Sento che queste persone hanno preso la mia vita e stanno mangiando con posate fatte d’oro mentre io ho quelle di plastica.
Jon Bolerjack ha realizzato un documentario intitolato “Stan Lee: The Last Years”, il quale sostiene che le cose erano persino peggiori di quanto si sapesse in precedenza, e che Lee era in rovina finanziaria al momento della sua morte all’età di 95 anni nel novembre 2018.
Il trailer racconta la storia di un’icona anziana che viene trasportata in giro per le sessioni di autografi di fumetti nonostante sia esausta. Sebbene il filmato non nomini le persone mostrate nel filmato, una è per certo Max Anderson – l’ex road manager di Lee coinvolto nell’indagine, il quale ha precedentemente negato qualsiasi illecito in merito al suo lavoro.
Bolerjack, un fan dei fumetti che ha studiato documentarismo a scuola di cinema, ha incontrato Lee un decennio fa tramite un amico comune per convincerlo a realizzare un reality show. Lee ha accettato, e ben presto Bolerjack è diventato parte dell’entourage del creatore di fumetti. Ma è diventato evidente che il programma impegnativo di Lee, viaggiare per le convention e passare ore a firmare autografi, stava prendendo il sopravvento.
Bolerjack dice di aver cercato di aiutare come poteva e riconosce di aver infranto la “regola madre” del documentario avvicinandosi al suo soggetto. Il regista racconta di come abbia cercato di ridurre il carico di lavoro per Lee sostenendo più pause:
Ho iniziato a considerarlo un amico, un membro della famiglia, e volevo davvero essere lì per difenderlo. Stavo facendo del mio meglio.
Il personaggio pubblico di Lee era attentamente costruito come il venditore eternamente ottimista per tutto ciò che riguardava la Marvel e i fumetti. Risulta quindi sorprende che sarebbe stato felice di aver vissuto momenti difficili della sua vita come parte di un documentario; Bolerjack sostiene che Lee ha dato la sua benedizione e sapeva che il reality show sarebbe diventato un documentario:
Gli ho parlato a lungo di questo, anche verso la fine della sua vita. Gli sono successe molte cose, ma non ho avuto la vera sensazione che si vergognasse per questo. Penso che volesse che fosse lì fuori come una specie di avvertimento.