Captain America: Brave New World, il quarto capitolo della franchise dedicato alla Sentinella della Libertà e il primo capitolo con Sam Wilson (Anthony Mackie) nel ruolo del protagonista ha molto da offrire, dal riallacciare finalmente tutti i fili sciolti del film L’incredibile Hulk (2008) al gettare le basi per la prossima incarnazione degli Avengers.
Sfortunatamente, Brave New World inciampa sia come film d’azione che come storia con una filosofia politica coerente. A dispetto del titolo (traducibile in “nuovo mondo coraggioso”), non è né coraggioso né nuovo, e gran parte di ciò è dovuto al fatto che il film non si impegna nel tipo di drammaticità di cui un film su Captain America, specialmente con Sam Wilson, avrebbe bisogno per sembrare fresco e vitale.
Rispetto a molti dei precedenti sforzi dell’MCU, Brave New World è timido e senza spina dorsale, ritirandosi nella sicurezza di facili banalità da entrambe le parti e romanticizzando l’esercito degli Stati Uniti in maniera talmente forzata da risultare quasi preoccupante.
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Il problema del Presidente
Thaddeus Ross, qui interpretato da Harrison Ford che riprende il ruolo del defunto William Hurt, non solo diventa Red Hulk (come ampiamente mostrato nel marketing nonostante riguardi meno degli ultimi cinque minuti finali) ma è essenzialmente il secondo protagonista del film.
Ora che si è insediato nello Studio Ovale, Ross è l’asse su cui ruota il film, perché la questione drammatica fondamentale in gioco è se può o meno diventare un uomo migliore dopo i suoi anni da generale “cacciatore di Hulk” che ha tormentato i superumani in passato.
Molteplici conversazioni tra personaggi in cui Ross non è nemmeno presente dipendono dal fatto che credano o meno che sia capace di un cambiamento morale, con Sam Wilson che è una delle voci per lo più favorevoli e il cattivo del film, Samuel Sterns di Tim Blake Nelson, che è contrario.
Un film che – teoricamente – parla di Sam Wilson che eredita una delle più importanti eredità di supereroi nell’MCU parla così tanto di come Sam sia preoccupato dell’umanità di quello che fino a questo punto del franchise è stato un personaggio meno che terziario è… più che un po’ strano.
Sam che passa così tanto tempo a difendere Ross – nonostante quest’ultimo sia chiaramente moralmente compromesso – solleva la questione del perché abbia così tanta fiducia in un uomo che più di una volta lo ha inseguito e imprigionato.
L’idea che Sam possa stare dalla parte di Ross è solo un’insinuazione sollevata nel dialogo con Isaiah Bradley (Carl Lumbly), ma il discorso non va mai da nessuna parte. La situazione peggiora quando Ross chiede a Sam di aiutarlo a ricostruire gli Avengers e il protagonista chiede cosa succederebbe se non fossero d’accordo su come gestire una situazione, cosa che letteralmente non accade in nessun punto del film. È un grilletto drammatico che il film prepara ma che non preme mai realmente.
Il rifiuto di Captain America: Brave New World di fare una distinzione adeguata tra Sam e Ross non priva solo il film di potenziale dramma; distorce quella che poteva essere una filosofia politica al punto che Sam non riesce a comunicare niente se non un vago moralismo “dovremmo tutti vedere il meglio l’uno nell’altro” da scuola elementare.
Ross, in gran parte grazie all’interpretazione impegnata di Ford, diventa quindi la persona più interessante del film (il che è divertente, visto che Red Hulk non era poi così eccezionale nei fumetti) perché la sua rabbia a malapena contenuta e la lotta per essere l’uomo che vuole che sua figlia lo veda lo rendono un personaggio ben definito.
Il personaggio di Sam Wilson, invece, si affida principalmente al fascino di Mackie e alla chimica disinvolta con Danny Ramirez nel ruolo di Joaquin Torres, il nuovo Falcon (un personaggio completamente piatto, ancor più della serie The Falcon and The Winter Soldier del 2021).
Quando Ross urla severamente a Sam che “non è Steve Rogers“, probabilmente il motivo è perché la visione del mondo di Steve era qualcosa che il pubblico poteva capire e con cui poteva relazionarsi. Quella di Sam? Non tanto.
Il feticismo militare
Passare così tanto tempo a discutere le “qualità redentrici” del Presidente è anche indicativo di un problema più ampio di fedeltà dell’MCU al governo degli Stati Uniti, in particolare alle Forze Armate. Non è un’osservazione unica dire che l’MCU è scivolato nel feticismo militare in passato, ma raggiunge un nuovo livello in Captain America: Brave New World, al punto da danneggiare la credibilità narrativa del film.
Praticamente ogni personaggio principale è un membro attuale o passato dell’esercito statunitense, dei servizi segreti o associato alla guerra in qualche altra veste, come la Serpent Society. Si potrebbe sostenere che ciò abbia senso nel contesto di una storia di Captain America o di un thriller politico (cosa che questo film tenta disperatamente di essere), ma quell’idea crolla quando si guarda alla storia di questi personaggi nei fumetti.
Nell’MCU Sam Wilson era un paracadutista dell’aeronautica prima di incontrare Steve Rogers. Ma nei fumetti era un assistente sociale ad Harlem che lavorava con gli svantaggiati nella sua comunità. Joaquin Torres? Era un giovane che forniva cibo e beni essenziali agli immigrati messicani che attraversavano il confine. Leila Taylor (Xosha Roquemore), l’amica di Sam nei servizi segreti nel film? Era un’attivista per i diritti dei neri che era molto scettica nei confronti del governo degli Stati Uniti.
Prendere così tanti personaggi che erano in qualche modo avversari delle persone al potere nel materiale originale e renderli membri incondizionati dell’apparato governativo è una scelta allarmante. Mette in luce non solo una mancanza di creatività, ma anche una mancanza di convinzione da parte dei Marvel Studios nel dare ai suoi personaggi una vera dimensione politica.
Ciò non significa che non si possano avere storie belle o perspicaci con supereroi a tema militare. Per alcuni personaggi, il servizio militare è fondamentale; Steve Rogers sarà sempre un veterano della seconda guerra mondiale che ha combattuto il Terzo Reich. La storia di Carol Danvers come pilota dell’aeronautica è una parte essenziale della sua storia passata. James Rhodes si sentirebbe incompleto senza il suo periodo nelle forze armate.
Ma l’MCU ha aggiunto una stilizzazione militare a molti personaggi che non ne hanno bisogno, sollevando la questione del perché sentano l’urgenza di trasformare così tanti vigilanti in agenti dello stato. È difficile prendere sul serio l’insistenza di Tony Stark nel film The Avengers (2012) sul fatto che “non siamo soldati” quando sembra che i Marvel Studios non siano d’accordo.
Fedele al sogno
Il Marvel Cinematic Universe ha sempre tratto tanta ispirazione dall’universo Ultimate (che aveva interpretazioni più dark/taglienti di molti personaggi e molto più servizio militare o governativo in circolazione), arrivando addirittura a trasformare gli Avengers da un gruppo indipendente di supereroi uniti per servire una causa superiore in una forza d’attacco paramilitare assemblata dall’agenzia governativa S.H.I.E.L.D.
Ciò che rende particolarmente aspro il feticismo militare di Captain America: Brave New World è che l’MCU è in grado di realizzare film che non venerano l’esercito, a volte. Iron Man 3 (2013) è una ferma critica del complesso militare-industriale degli Stati Uniti e dei modi in cui la propaganda governativa può creare cattivi di minoranza da demonizzare in modo da giustificare l’invasione di paesi stranieri. Captain America: The Winter Soldier (2014) ha mostrato perché un’agenzia di spionaggio come S.H.I.E.L.D. sarebbe il posto perfetto per i nazisti per infiltrarsi con posizioni ufficiali all’interno del governo.
Addirittura Thor: Ragnarok (2017) sostiene che le nazioni costruite sullo spargimento di sangue come Asgard non possono e non devono essere salvate.
Ma il periodo in cui la Marvel era disposta a fare film con sfumature politiche è ormai lontano, poiché si concentra invece sulla moralità delle azioni dei singoli personaggi anziché sulle conseguenze macro. Ecco come si finisce con un film con protagonista un Captain America nero che sembra molto più interessato a un presidente bianco come Ross.
Questa tendenza è anche un completo fraintendimento di Capitan America come personaggio. Le persone che non hanno letto i fumetti o che associano automaticamente il personaggio al suo governo a causa del nome e del costume non capiscono che Cap non è e non è mai stato un burattino politico. Steve Rogers ha combattuto fisicamente sia Richard Nixon che Ronald Reagan nei fumetti; è scappato dal governo diverse volte, abbandonando il nome e lo scudo per identità come Nomad quando ha sentito di non poter sostenere l’attuale regime.
Capitan America, sia Steve che Sam, sono rappresentazioni di un ideale più grande, che simboleggiano ciò che l’America dovrebbe essere, non ciò che è. Ma guardando Captain America: Brave New World, niente di quello spirito è stato tradotto nella versione fiacca del Cap di Sam Wilson dell’MCU.
C’è un famoso pannello nel fumetto “Daredevil” #233 di Frank Miller in cui, in conversazione con un generale dell’esercito, Steve Rogers dice: “Non sono leale a nulla, generale, tranne al sogno”. È probabilmente la sintesi più perfetta di Captain America mai scritta. È anche qualcosa che l’MCU ha un disperato bisogno di ricordare.