Oggi, 24 aprile 2024, è il giorno del quinto anniversario di Avengers: Endgame, il film che ha concluso la prima saga sui Vendicatori nel Marvel Cinematic Universe.
Sulla pellicola, a suo tempo, è stato detto molto; il film si è imposto sin da subito al botteghino, diventando il film dei Marvel Studios più redditizio di sempre e, per un certo periodo, il film con il più alto incasso nell’intera storia del cinema.
Un’opera cinematografica capace di portare a termine, in maniera più che soddisfacente, la Saga dell’Infinito; ma non solo. Avengers: Endgame è una meravigliosa celebrazione dell’MCU, dei suoi film, degli eroi che ha introdotto, delle molteplici storyline intrecciate fra loro e, soprattutto, dei singoli momenti che hanno fatto battere il cuore a più di una generazione durante il decennio che stava finendo.
È importante soffermarsi su questo termine: momenti. Perché, come ha ben detto Cesare Pavese:
Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi.
Pensiero che deve essere sicuramente essere stato condiviso sia da Kevin Feige che dai registi della pellicola, Anthony e Joe Russo, i quali hanno trovato la giusta formula per riuscire a concludere la storia degli Avengers e condensarla in un unico, epico viaggio per lo spettatore.
Il primo atto si apre in modo forse inaspettato, con Thanos (Josh Brolin) che riesce nel suo intento, noncurante delle ovvie conseguenze che patirà. Un fugace sguardo a una New York desolata e silenziosa rende bene l’idea del dolore che persiste nel mondo dopo 5 anni dalla tragedia, grazie anche a una fotografia volutamente fredda, che si riscalderà progressivamente e parallelamente alla delineazione del “furto del tempo” con cui i protagonisti tenteranno di riportare speranza nel mondo.
La parte centrale del film è invece, probabilmente, il suo aspetto più sottovalutato, un’autentica lettera d’amore a ciò che sono stati i primi 11 anni dell’Universo Cinematografico Marvel, ricca di citazioni più o meno esplicite, ricongiungimenti commoventi e tristi addii.
Tony Stark (Robert Downey Jr.) incontra il padre con cui non ha mai avuto occasione di riconciliarsi, rassicurandolo su ciò che lo aspetta e dandogli una manifestazione d’affetto fuori tempo massimo. Thor (Chris Hemsworth) riabbraccia la madre, che lo conforta e gli mostra un’ultima volta la retta via da percorrere. Natasha Romanoff (Scarlett Johansson) compie il suo destino, dicendo addio, in modo burrascoso, al partner con cui ha avuto il rapporto più emotivamente intimo tra gli Avengers.
Difficile dire se siano stati più toccanti gli ultimi dialoghi tra una regina e un principe, tra un padre e un figlio o tra due amici fraterni, l’unica certezza è che il secondo atto della pellicola è l’ennesima dimostrazione che la Marvel non è solo azione ed effetti speciali.
La conclusione, infine, è semplicemente mozzafiato. Il sogno proibito di ogni fan di supereroi che diventa, di colpo, realtà, in un crescendo incessante e adrenalinico che parte dal canto del cigno dei Big Three contro il loro acerrimo nemico e arriva a una battaglia campale che è entrata di diritto nella storia del cinema, il tutto passando per un martello che, dopo quasi un lustro di attesa, viene sollevato da un ragazzo di Brooklyn.
L’ultima frase di Tony Stark è l’emblema di ciò che il film ha voluto ed è riuscito a essere: un ponte con le origini di questo mondo fittizio ma incredibilmente tangibile e un agrodolce addio.
Il pregio principale di Avengers: Endgame è senza dubbio il completamento dell’evoluzione psicologica dei sei membri originali della squadra, in particolare di coloro che, con quest’ultima avventura, hanno concluso la loro carriera nei Vendicatori.
La prima ad andarsene è stata Natasha Romanoff, alias Vedova Nera. Quella che era una spia senza scrupoli né morale è diventata colei grazie a cui è stato possibile salvare l’universo. Tutto è iniziato da uno scontro, quello tra lei e Clint Barton (Jeremy Renner), in cui quest’ultimo ha deciso che la sua avversaria fosse meritevole di una seconda chance, inconsapevole che in quel preciso momento ha contribuito alla salvezza di metà degli esseri viventi.
È curioso come tutto sia finito con un altro scontro tra i medesimi combattenti, una battaglia suicida tra due amici che avevano come scopo la reciproca sopravvivenza e che alla fine si è inevitabilmente conclusa con il sacrificio massimo non della Vedova Nera, ma di Natasha, figlia di Ivan.
Il secondo addio lo ha dato Tony Stark, Iron Man, un uomo senza poteri che aveva tutto da perdere e nulla da dimostrare, e che, nonostante ciò, ha comunque deciso di fare la cosa giusta. Il personaggio che ha inaugurato l’MCU è probabilmente quello che ha avuto l’evoluzione più significativa. Un ”genio miliardario playboy filantropo” che vendeva morte a cuor leggero, ma che pian piano ha deciso di sfruttare il suo intelletto per il bene comune, piuttosto che per il suo mero interesse.
La storia del capitalista sfrenato che diventa un buon samaritano può sembrare banale di primo acchitto, eppure l’arco narrativo del figlio di Howard Stark (John Slattery) è pieno di sfaccettature e chiaroscuri. Tra decisioni sbagliate e incubi divenuti realtà, Tony ha saputo infine redimersi. I più attenti avranno notato che la sua ultima parola non è compresa nella celebre frase “Io sono Iron Man”, ma è invece stata pronunciata in seguito allo schiocco fatale, con uno uno spontaneo e flebile sussurro: “Pepper”, formulato poco prima di spirare.
Tony Stark si è immolato a favore della vita ma rinunciando alla Sua vita, rappresentata dalla moglie e dalla figlia, a cui ha consapevolmente rinunciato nel momento in cui ha incrociato per l’ultima volta lo sguardo con Doctor Strange (Benedict Cumberbatch).
Se l’evoluzione di Iron Man è consistita nel passare dall’egocentrismo all’altruismo, per certi versi è accaduto l’opposto al suo amico, nemico e di nuovo amico, Captain America. La vita di Steve Rogers (Chris Evans) è stata sempre votata al sacrificio, da molto prima che gli venisse iniettato il siero del Super Soldato.
Steve ha rinunciato alla sua vita, ai suoi affetti e al suo tempo senza esitare un secondo, nel 1945, perché il mondo ne aveva bisogno, e l’interesse dei molti sovrasta sempre quello dei pochi. Dal suo risveglio agli eventi di Avengers: Endgame, tuttavia, ha avuto modo di fare delle considerazioni e porsi delle domande. È giusto obbedire ciecamente a degli ordini impartiti da un superiore? È giusto giurare fedeltà assoluta a un’istituzione? È giusto accettare delle condizioni che vanno in contrasto con i propri ideali e con i propri valori? Il Primo Vendicatore ha presto capito una cosa, incalzato da Sharon Carter (Emily VanCamp):
Accetta i compromessi dove puoi. Dove non puoi, non farlo. Anche se tutti ti diranno che è una cosa sbagliata, è una cosa giusta. Anche se tutto il mondo ti inviterà a spostarti è tuo dovere stare piantato come un albero, guardarli negli occhi e dire: no. Spostati tu.
Questo è stato il suo mantra, e, come tutti, ne ha pagato le conseguenze, diventando di fatto un fuorilegge. Quando si è arrivati alla resa dei conti, però, non ha tentennato nel contribuire a salvare il mondo come fatto ottant’anni prima, con una differenza: era stanco di sacrificarsi.
Aveva dato tutto ciò che poteva e, una volta presentatasi l’opportunità, si è ripreso quella vita di cui Tony gli aveva parlato, la quale, a detta sua, è stata bellissima.
La conclusione di questo franchise è quanto di meglio i fan potessero augurarsi. Un finale dolcissimo e al tempo stesso amaro, pieno di richiami al passato e punti chiave per il futuro. Avengers: Endgame è la punta di diamante dell’MCU e regala ai fan di lunga data un’emozione che difficilmente sarà replicabile negli anni a venire.
A memoria, infatti, non è facile ricordare un film che abbia dato un simile senso di appagamento totale, ed è singolare osservare come ciò sia avvenuto proprio con il capitolo finale di una saga, dato che, si sa, spesso i finali non sono all’altezza di ciò che li precede. Possiamo affermare con serenità che non solo il film è stato all’altezza delle aspettative, ma le ha anche abbondantemente superate.
La fine è parte del viaggio.