Durante l’ultima riunione con gli investitori, tenutasi poche ore prima del termine dello sciopero degli attori, Bob Iger (Amministratore Delegato di The Walt Disney Company) ha svelato la nuova strategia a medio termine del settore cinematografico della compagnia, che definisce “una fase di ripresa e costruzione”.
Innanzitutto, l’azienda intende diminuire ulteriormente il budget investito nei contenuti: nel 2024 conta di spendere 25 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 27 miliardi spesi nel 2023 e ai 30 miliardi spesi nel 2022. Tenendo conto che 10 miliardi sono solo per i diritti dello sport su ESPN, restano 15 miliardi di dollari da dividere tra le serie prodotte dai propri studi televisivi e i film per il cinema.
La major ha diminuito le proprie produzioni cinematografiche, a discapito di alcuni studi (20th Century Fox ha sostanzialmente smesso di produrre un numero significativo di film, fatta eccezione per franchise come Avatar o Il pianeta delle scimmie e per i pochi titoli a basso budget di Searchlight Pictures). Il 2023, l’anno del centenario della compagnia, sta rappresentando un punto basso in termini di insuccessi o veri e propri flop al botteghino (da Ant-Man and the Wasp: Quantumania a Indiana Jones e il quadrante del destino fino a The Marvels, che potrebbe registrare il peggior weekend d’esordio di sempre per un film dell’MCU).
Il 2024, invece, sarà ancora più pericoloso: tra i titoli a rischio e il recente rinvio di tutti i film dei Marvel Studios (rimane solo Deadpool 3 a luglio), la compagnia rischia di trovarsi di fronte ad un gigantesco vuoto. Per la prima volta passeranno sette mesi tra l’uscita di un blockbuster e l’altro, e cioè tra Wish (in uscita il 22 novembre negli Stati Uniti) e Il Regno del Pianeta delle Scimmie (maggio 2024). La colpa, in questo caso, è anche del doppio sciopero degli sceneggiatori e degli attori, durato per un totale di 6 mesi.
Il modus operandi di Bob Iger negli ultimi vent’anni è stato quello di concentrare tutti gli sforzi nell’acquisizione di vere e proprie fabbriche di proprietà intellettuali (Pixar, Lucasfilm, Marvel Studios) e sfruttarle per creare franchise sempre più ampi e serializzati.
In particolare, per quindici anni, i Marvel Studios hanno creato l’illusione che fosse possibile sfornare un successo dopo l’altro approfittando della popolarità del film precedente (ogni cinecomic dell’MCU è praticamente un sequel, e questo crea automaticamente una fan base assicurata); questo modello, negli ultimi tempi, sta iniziando a mostrare segni di cedimento e, soprattutto, potrebbe non essere applicabile a tutte le altre IP di proprietà della Disney.
Iger sostiene che l’enorme quantità di prodotti rilasciati nel corso degli ultimi anni sia il vero problema dello studio:
In una frecciatina indiretta al suo predecessore Bob Chapek, licenziato circa un anno fa, Iger ha lasciato intendere che lo studio tornerà ai “vecchi tempi” in cui produceva molti meno contenuti rispetto agli studi rivali:
Dimezzare la quantità raddoppia automaticamente la qualità? No, ma la strategia della Disney rientra in una più ampia contrazione che sta attraversando Hollywood dopo la cosiddetta “guerra dello streaming”, nella quale Netflix è emersa inevitabilmente vincitrice. Proprio quest’ultima, recentemente, ha annunciato che diminuirà la quantità delle proprie produzioni concentrandosi sulla qualità.
Iger punta dunque verso i veri obiettivi del 2024: portare in attivo Disney+, compensare le perdite delle televisioni tradizionali in declino e iniziare a cercare un vero successore alla guida di The Walt Disney Company.