Nella primavera del 2024 arriverà su Disney+ Daredevil: Born Again, una nuova serie dedicata al Diavolo di Hell’s Kitchen interpretato da Charlie Cox, che vedrà il ritorno di Vincent D’Onofrio nei panni di Kingpin e avrà ben 18 episodi. Gli sceneggiatori Matt Corman e Chris Ord scriveranno la serie e ricopriranno il ruolo di produttori esecutivi.
Con le riprese ormai imminenti, è ora di chiedersi: ma questa serie sarà un sequel o un reboot della serie originale distribuita da Netflix tra il 2015 e il 2018?
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Daredevil: la canonicità della serie Netflix
Secondo Variety, la nuova serie Disney+ sarà ”nuova ma continuativa della versione vista su Netflix”. Questa affermazione non è di poco conto, visto che, ad oggi, tutte le serie non prodotte dai Marvel Studios (ma legate in qualche modo all’MCU) non sono state considerate del tutto canoniche rispetto alla continuity principale.
C’è da dire che una dichiarazione ufficiale da parte di Kevin Feige, relativa alla canonicità dei prodotti di Marvel Television, di fatto, non è mai arrivata. Sebbene nella continuity ufficiale dell’MCU presente su Disney+ non sia stato inserito nessuno di questi prodotti, il presidente dei Marvel Studios si è sempre tenuto sul vago sulla questione, il che porta a credere che la cosa possa, semplicemente, passare in sordina.
È infatti estremamente probabile che quello che verrà effettuato sarà un soft reboot o un soft sequel. Ma cosa significano questi termini?
Cos’è un reboot?
Un reboot, in gergo cinematografico e televisivo, è una nuova versione di un prodotto audiovisivo precedentemente presentato in forma differente. Solitamente, il reboot viene effettuato mantenendo il personaggio principale di una data saga ma cambiandone completamente il contesto narrativo in cui è immerso, il background e/o il cast.
Facciamo un esempio: The Amazing Spider-Man (2012) è stato un reboot della trilogia di Sam Raimi sul personaggio di Spider-Man (uscita tra il 2002 e il 2007), e, infatti, pur presentando lo stesso incipit e gli stessi personaggi dell’opera originale, ha subito molti cambiamenti a livello narrativo e stilistico. Allo stesso modo, Spider-Man: Homecoming (2017) è stato un reboot dei due film diretti da Marc Webb.
Cos’è un remake?
Il reboot si differenzia dal remake in quanto quest’ultimo, invece, è il rifacimento di un’opera ben definita a cui vengono apportate modifiche minime, mantenendo, per quanto possibile, gli stessi canoni narrativi e stilistici che la contraddistinguono.
Continuando con gli esempi, si parla invece di remake in casi come Il Grande Gatsby (2013), che è stato un rifacimento de Il Grande Gatsby (1974), tratto dall’omonimo libro di Francis Scott Fitzgerald.
I due film hanno differenze minime in quanto ripropongono, in modo più o meno fedele, quanto narrato nel libro originale.
La differenza tra soft reboot e soft sequel
Detto ciò, un soft reboot non è altro che un reboot che mantiene, in una certa misura, delle caratteristiche presenti nella continuity originale. Se quindi i Marvel Studios decidessero di percorrere questa via, è probabile che manterrebbero il cast originale e attuerebbero una caratterizzazione dei personaggi e del background il più simile possibile a quelli presenti nella prima serie.
Un soft sequel, invece, è a tutti gli effetti un sequel dell’opera originale, che però presenta pochi riferimenti al capitolo precedente, o addirittura non ne presenta.
Un fulgido esempio di soft sequel è il recentissimo The Suicide Squad (2021) di James Gunn, che è a tutti gli effetti un sequel di Suicide Squad (2016) di David Ayer, tanto che entrambi coesistono e sono canonici nel DC Extended Universe. Tuttavia, pur mantenendo buona parte del cast originale, il film di Gunn ha una cifra stilistica completamente diversa dal predecessore, e non menziona mai esplicitamente gli eventi del primo film.
Daredevil: Born Again, sequel o reboot?
Nel caso della Squadra Suicida della DC comics, il soft sequel è stato ritenuto necessario a causa dello scarso apprezzamento del primo film, mentre se la stessa decisione dovesse essere applicata a Daredevil, questa rappresenterebbe un modo per evitare di ricominciare da zero l’evoluzione e lo sviluppo del personaggio senza però dover citare necessariamente gli eventi di un prodotto che, per quanto la questione sia ambigua, rimane comunque non canonico sulla carta.
Così fosse quindi si può ipotizzare che la nuova serie si aprirebbe con un Matt Murdock già ”maturo”, come quello visto alla fine dell’ultima stagione della serie originale, un Daredevil che ha già sconfitto Wilson Fisk/Kingpin (Vincent D’Onofrio) e che ha alle spalle un passato di amore e odio nei rapporti con Foggy Nelson (Elden Henson), Karen Page (Deborah Ann Woll) e gli altri personaggi che lo hanno accompagnato nella serie originale.
Adesso che è chiaro cosa aspetterebbe il pubblico nel primo e nel secondo caso, viene spontaneo chiedersi per quale dei due sarebbero più propensi gli studios. La nostra ipotesi è quella del soft reboot, per diversi motivi.
Perché l’opzione di un soft reboot è la più probabile
Innanzitutto, come già ampiamente ribadito in questo articolo, la serie originale (teoricamente) non è canonica, anche se è probabile che la cosa cambierà in futuro. Daredevil fa parte della Saga sui Difensori che include anche le serie Marvel’s Jessica Jones (2015-2019), Marvel’s Luke Cage (2016-2018), Marvel’s Iron Fist (2017-2018), Marvel’s The Defenders (2017) e Marvel’s The Punisher (2017-2019). Queste serie sono strettamente collegate tra loro, e rendere retroattivamente canonica Daredevil significa applicare lo stesso ragionamento alle altre; è molto difficile che Kevin Feige abbia intenzione di canonizzare tutti questi prodotti su cui, tra l’altro non ha avuto un controllo creativo diretto.
Inoltre, Mahershala Ali (interprete di Cottonmouth, antagonista principale della prima stagione di Marvel’s Luke Cage) interpreterà Blade nell’omonimo prossimo film dell’MCU, mentre Jessica Henwick (interprete di Coleen Wing in Marvel’s Iron Fist) era stata contattata per prendere parte a Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli in un nuovo ruolo. Certo, nel corso dei film ci sono già stati esempi di attori riutilizzati (basti pensare a Gemma Chan, che dal ruolo di Minn-Erva in Captain Marvel è passata a quello di Sersi in Eternals).
In secondo luogo, Kingpin, nemesi di Daredevil nella serie, è stato già introdotto nell’MCU, più precisamente all’interno della serie Hawkeye, in cui, però, il personaggio aveva una caratterizzazione molto diversa da quella della serie distribuita da Netflix; il suo ruolo di opulento boss della malavita newyorkese cozza parecchio con l’ultima scena in cui è stato possibile vederlo nell’opera originale.
Infine, avrebbe davvero senso iniziare una produzione su un personaggio la cui psiche è stata già abbondantemente esplorata? Cosa avrebbe da offrire alle persone che conosceranno Daredevil per la prima volta? Quante stagioni si potrebbero costruire intorno a un personaggio vissuto come quel Matt Murdock?
Il livello di violenza
Se a tutte queste elucubrazioni uniamo l’introduzione del costume giallo indossato dal personaggio in She-Hulk: Attorney At Law, appare chiaro come l’intenzione dei Marvel Studios sia quella di intraprendere la strada del soft reboot, che manterrebbe gran parte delle caratteristiche ma non per forza i rispettivi personaggi e i reciproci rapporti, di modo che si possa avere un nuovo inizio per Daredevil pur mantenendo gli elementi riusciti ed accolti positivamente dal pubblico nel prodotto d’origine.
In molti hanno però espresso perplessità riguardo al grado di violenza che potrà avere la serie, dato che — a detta di queste persone — Disney non lascerà le stesse libertà concesse agli showrunner di Netflix. Questo però è stato facilmente smentito da Disney stessa, quando ha aggiunto al catalogo le serie della Saga sui Difensori senza apporvi alcun tipo di censura. La stessa Disney produrrà Deadpool 3, che sarà vietato ai minori e che non è esattamente un franchise adatto alle famiglie.
È ora di distaccarsi dall’idea che un’azienda come The Walt Disney Company assecondi gli stessi dogmi che la caratterizzavano 20 anni fa. L’introduzione di STAR in Europa e il ruolo assunto da Hulu negli Stati Uniti dovrebbero fugare ogni dubbio di questo genere.