Parte del viaggio è soprattutto il suo inizio, un inizio che nel lontano 2008 avrebbe inconsapevolmente causato un vero e proprio Big Bang.
Non solo dell’Universo Cinematografico Marvel, ma anche di un nuovo modo di fare cinema, della serialità e della riscoperta del genere super-eroistico. Eh sì, perché se guardassimo indietro di dieci anni ci accorgeremmo di quanto questo genere fosse molto più di nicchia nonostante il grande pubblico avesse già amato saghe storiche come Spider-Man di Sam Raimi, che possiamo considerare il padrino del cinefumetto del nuovo millennio.
Ma sappiamo benissimo che, a differenza di molti altri, l’Uomo Ragno è sempre stato un personaggio abbastanza noto al grande pubblico, un’icona della cultura pop che non ha faticato per venire apprezzato al cinema sia dall’appassionato di fumetti che da un qualsiasi utente medio.
Ma era una delle poche eccezioni, poiché persino gli X-Men di Bryan Singer (che sono arrivati al cinema un paio di anni prima di Spidey) hanno acquisito maggiore notorietà solo dopo il successo del collega arrampicamuri; addirittura franchise come Star Wars erano riservati solo ai più addetti ai lavori.
Se una volta il nerd con gli occhiali e i brufoli era lo stereotipo dello sfigato nell’immaginario comune, oggi possiamo definirci tutti dei nerd perchè vi sarete resi conto che nell’ultima decade, anche grazie all’aiuto di mamma Disney, questo genere cinematografico ha portato tutti i tipi di pubblico al cinema.
Insomma, il sogno di Stan Lee è più vivo che mai e si espande oltre! Ma questo sogno al cinema nasce dal desiderio di un uomo visionario e dalla faccetta simpatica, il cui nome compare spesso nella produzione di molte pellicole Marvel antecedenti all’MCU e che figura con la compagnia di Marvel Entertainment. Stiamo parlando di Kevin Feige, oggi produttore e presidente dei Marvel Studios.
Il sogno di Kevin è quello di portare sullo schermo gli eroi così come disegnati sulla carta e raccontarli allo stesso modo che ha fatto appassionare milioni di lettori invece che, come altri hanno fatto in passato, accontentare i fan con riferimenti a grandi villain rappresentati sotto forma di nube cosmica. No, Kevin dalla faccetta simpatica è la stessa persona che da lì a qualche anno avrebbe portato sugli schermi di tutto il mondo un procione e un albero parlante.
Ma l’inizio di questo viaggio viene affrontato cautamente, poiché Feige e i neonati Marvel Studios sanno che stanno per presentare al grande pubblico dei personaggi totalmente sconosciuti e non sanno se verranno apprezzati o meno. Ma il rischio della scommessa non li ferma affatto e così all’alba di una nuova era entra in produzione Iron Man, diretto da Jon Favreau; un inizio memorabile.
Nessuna lunga introduzione, nessun titolo di testa e nessuna colonna sonora trionfale. La pellicola si apre sulle note di Back in Black degli AC/DC e ci porta in Afghanistan a bordo di alcune jeep militari statunitensi, dove uno spavaldo e gradasso Tony Stark (Robert Downey Jr.) si prepara per la presentazione del suo nuovo missile Jericho all’esercito.
Il film è iniziato da appena dieci minuti e Downey Jr. ha già convinto il mondo intero: il ruolo è cucito sulla sua pelle. Poco dopo questa dimostrazione un gruppo di terroristi bombarda il convoglio che scorta il nostro Tony uccidendo molti soldati, ma qualcosa non quadra poichè sulle bombe del nemico figura il nome: Stark. Una di queste esplode proprio vicino a lui provocandogli un’emorragia toracica e la perdita dei sensi venendo così rapito dai terroristi afgani.
Nelle grotte del medio-oriente, Tony fa conoscenza del suo compagno di prigionia Ho Yinsen il quale crea un elettromagnete collegato ad una batteria per auto che tiene lontane dal cuore del nostro protagonista schegge e detriti di bomba, salvandogli così la vita.
Il nemico si rivela essere membro dei Dieci Anelli, un gruppo di terroristi che vuole mettere mano sull’alta tecnologia bellica di Stark.
L’offerta è chiara: Tony deve costruire il missile Jericho per loro in cambio della libertà. Egli sa benissimo che una volta costruito il missile non risparmieranno lui e Yinsen e così all’interno di una grotta e con un mucchio di rottami i due prigionieri riescono a costruire una vera e propria armatura alimentata dal congegno di Tony che dopo un piccolo upgrade diventa il primo Reattore Arc.
Durante la fuga dalla grotta Yinsen viene colpito e muore tra le braccia di Stark che, preso dalla rabbia a bordo della sua nuova armatura distrugge tutte le sue armi in mano al nemico riuscendo a mettersi in salvo. Viene ritrovato in mezzo al deserto dal suo amico James “Rhodey” Rhodes (Terrence Howard), colonnello dell’esercito americano che lo riporterà quindi a casa.
Al suo ritorno, il miliardario filantropo cessa la produzione di armi ora che ha visto di cosa sono capaci in mano al nemico e capisce che all’interno delle sua compagnia vi è una talpa che contrabbanda con i dieci anelli: Obadiah Stane (Jeff Bridges).
Tony decide così di riportare l’ordine in Afghanistan dove le sue stesse armi hanno portato rovina e morte e con l’aiuto di una nuova intelligenza artificiale da lui creata e ribattezzata J.A.R.V.I.S, costruisce una seconda armatura più avanzata, la Mark II ma dopo averla collaudata e riscontrando alcune difficoltà, ne crea e perfeziona una terza dal colore rosso e oro.
Nessuno sa di quest’ultima nè tantomeno Obadiah, che non deve assolutamente scoprirlo e così a bordo di essa Tony vola in Afghanistan per distruggere tutte le basi dei terroristi ma nel frattempo alcuni di essi hanno ritrovato i resti della prima armatura (la Mark I) nel deserto. Dopo essere stato informato a riguardo, Stane inizia così a fabbricarsene una identica e più accessoriata: la Iron Monger.
Tony fa ritorno a casa e scopre quello che ha costruito il suo rivale, il quale lo incolpa e lo condanna per aver nascosto all’umanità tale tecnologia, che il nostro eroe vuole difendere ad ogni costo e dopo un’avvincente battaglia finale a suon di armature ferrose, riesce a sconfiggere Obadiah grazie all’intelletto che ha riversato nella sua creazione molto più efficace di un’imitazione che non porta la sua firma.
Ma nessuno sa ancora di questa sua doppia identità e tenta di giustificare le apparizioni di questa armatura, soprannominata dalla stampa Iron Man, come esercitazioni militari e esperimenti scientifici.
Finora la pellicola non ha mostrato incertezze o rischiosi affronti alla purezza dei fumetti inoltre scorre leggera e con buone dosi di umorismo che calzano a pennello con il ruolo di Downey Jr. che differisce abbastanza dalla controparte cartacea, ma che probabilmente ha addirittura migliorato.
Il film sta quindi per concludersi e lo spettatore è convinto che di lì a breve uscirà dalla sala soddisfatto tutto sommato per un film di una decade in cui il genere sembra declinare e proporre sempre la stessa minestra. Fino a quando nell’ultima scena Tony, intervistato dalla stampa circa gli avvistamenti dell’armatura e dopo un attimo di esitazione, risponde: “Io sono Iron Man”.
Le parole che apriranno e concluderanno il percorso dell’uomo di ferro al cinema.
Una frase ormai iconica che ci accompagnerà per tutto il decennio a venire e che ci farà poi sognare, commuovere e piangere.
Brusio in sala durante i titoli di coda, il protagonista ha appena rivelato la sua identità al mondo, un colpo di scena davvero insolito e la Marvel sa che nel bene o nel male quelle parole riecheggeranno nella testa dello spettatore non appena uscirà dal cinema.
Ma torniamo a parlare del Big Bang sopra citato. La vera scintilla, che ha innescato l’esplosione di quello che nessuno si sarebbe aspettato in un’epoca in cui internet non era alla portata di tutti o comunque non esistevano ancora tanti siti di informazione a riguardo, è alla fine dei titoli di coda. Le luci in sala si abbassano nuovamente e tutti rimangono in silenzio.
Ci troviamo all’interno della villa di Tony a Malibu e mentre egli vi fa ritorno le luci si spengono e il suo J.A.R.V.I.S. si disattiva. Una figura parla nell’ombra esclamando le parole che avrebbero fatto capire a noi fan che il mondo era finalmente popolato da altri super-eroi così come nei comics e fidatevi, riesco a sentire ancora perfettamente il freddo che scorreva lungo la mia schiena e la pelle d’oca che avevo sulle braccia.
A insaputa di tutti, l’uomo misterioso si rivela essere Jamuel L. Jackson nei panni di Nick Fury, direttore del S.H.I.E.L.D: “Sono qui per parlarle dell’iniziativa Vendicatori” è la frase che conclude definitivamente la pellicola di Jon Favreau e da quel momento in poi il genere supereroistico al cinema non sarebbe stato più lo stesso. Applausi in sala, grida, brividi su tutto il corpo. È l’alba di una nuova era, un inizio memorabile.